La Medicina Interna ospedaliera: tra complessità ed intensità assistenziale verso una medicina sostenibile

  • Campanini G
  • Fontanella A
  • Nozzoli C
  • et al.
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Abstract

La coesistenza di più patologie – si legge nella prefazione del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin -, spesso senza la possibilità di individuare quella prognosticamente e terapeuticamente più saliente (multimorbilità), è un’altra caratteristica dei nostri tempi, così come sta divenendo proporzionalmente meno importante l’agire medico incentrato su un approccio riduzionistico (malattia → terapia → guarigione) soverchiato dalla necessità di un approccio di sistema (persona → definizione dei problemi → qualità della vita); approccio di sistema in cui l’intero comportamento del tutto altro non è che il portato, ovvero “emergenza” delle interazioni (e non della semplice somma) delle singole componenti. Approccio utile, per non dire indispensabile, in particolar modo nelle patologie croniche che sono la vera problematica globale attuale e ancor più del futuro (il World Economic Forum ha stimato in 47 trillioni di dollari la spesa per le patologie croniche nel 2030). Nuovi bisogni di salute perché “nuovo” è il paziente, un paziente complesso. Un Sistema Sanitario Nazionale moderno, nel rispetto dei tre pilastri prima enunciati di scientificità, compatibilità sociale e sostenibilità economica, deve saper rispondere a una serie di nuove esigenze: - deve saper fronteggiare la necessità di favorire una maggiore sensibilità, una corretta informazione nei confronti del cittadino utente, anche realizzando una specifica formazione (fondamentale in questo il ruolo delle università attualmente sicuramente sub-ottimale) delle professioni sanitarie; -deve poter potenziare e sviluppare i presupposti, innanzitutto culturali, del lavoro in equipe; un corretto approccio biologico, psicologico e sociale ai bisogni del paziente complesso non può infatti prescindere da una coordinata e pro-grammata interazione tra tutte le figure professionali coinvolte, nel rispetto delle qualifiche e competenze acquisite; -deve ridefinire i percorsi diagnostici e terapeutici. La “scomposizione” del malato nelle singole patologie da cui è afflitto porta lo “specialista d’organo” a un proprio percorso diagnostico e terapeutico che spesso si sovrappone o addirittura confligge con quello di altri colleghi, portando a iperprescrizioni di indagini laboratoristiche e strumentali e a politerapie farmacologiche contrastanti e dannose. In quest’ottica non va trascurata la possibilità di intervenire in modo incisivo, con provvedimenti ad hoc, anche sui costi spropositati della medicina difensiva, basata sui presupposti fondanti della Evidence-Based Medicine, non sempre rigidamente e funzionalmente applicabili al paziente complesso. In quest’ottica di approccio integrato al paziente va sicuramente incentivata la ricerca sui principi ispiratori della “Systems Medicine” ovvero su approcci olistici integrati multidisciplinari (scienze biologiche e mediche in senso ampio – quindi comprendenti l’analisi approfondita delle componenti socioeconomiche e psicologiche – intorno alla persona, medical informatics e computer science, fino alla modellizzazione matematica per l’ottimizzazione della sperimentazione clinica) che affrontino il paziente complesso con strumenti di analisi potenzialmente capaci di comprendere gli elementi strutturanti la complessità e quindi di suggerire strategie di ottimizzazione terapeutica e di gestione. Questi approcci, del resto, hanno ricevuto particolare attenzione e rilevante finanziamento nelle fasi finali del 7° Programma Quadro della Commissione Europea e costituiscono una parte rilevante nella programmazione di “Horizon 2020”, il programma europeo di finanziamento alla Ricerca e Innovazione che coprirà il settennio 2014-2020. Alla ricerca biomedicale in senso stretto, con le caratteristiche di “olisticità” descritte, poi dovrà senz’altro affiancarsi un approccio severo all’analisi degli aspetti di sostenibilità gestionale finalizzato all’ottimizzazione dell’impiego delle risorse, sempre più limitate, per traslare best practices veramente innovative ed efficienti”. “L’ospedale – conclude la prefazione del Ministro - conserva sicuramente un ruolo fondamentale, ma è ormai evidente che l’utilizzo di indicatori di costo, quali i DRG attualmente in uso, sfocia in una situazione che, oltre che eccessivamente onerosa per il SSN, è anche incapace di interpretare, descrivere e rispondere alle reali esigenze del cittadino che, in un particolare momento della traiettoria della sua esistenza, diviene paziente complesso. Mettere quindi a punto nuovi indicatori di costo, corrette analisi di determinanti e misuratori di risultato diviene esigenza prioritaria, così come il garantire continuità assistenziale nella delicata transizione ospedale-territorio e, perché no, territorio- ospedale, con il potenziamento e la qualificazione di setting assistenziali dedicati alla post-acuzie e alla cronicità”. Qui di seguito la sintesi del Quaderno: Il concetto di complessità La malattia, ontologia creata sulla base del consenso fra clinici, da sempre guida l’azione del medico che la identifica in relazione ai sintomi, ne individua i rimedi e, nella misura possibile, ripristina lo stato di salute. La diagnosi è così il riconoscimento di un’impronta digitale attraverso i punti di identità fra malattia-ontologia conosciuta e quadro clinico. Oggi, specie con l’invecchiamento della popolazione, questo è assai spesso difficile tenendo conto di: -conseguenze della malattia sui diversi organi e apparati; -coesistenza di più condizioni morbose; -caratteristiche peculiari del paziente e sua storia clinica; -possibile comparsa di complicanze; -trattamenti che vengono praticati, loro effetti specifici, diretti e indiretti, ed effetti collaterali; - invecchiamento e progressiva riduzione delle funzioni d’organo e di apparato. La “complessità in medicina” considera l’insieme delle diverse condizioni morbose non solo in quanto compresenti, ma nella loro interazione multidimensionale (comorbilità, multi morbilità a genesi comune o diversa, convergenza su elementi clinici comuni e interconnessione con acuzie e cronicità e con l’intensità di cura necessaria). Epidemiologia delle patologie croniche e della loro combinazione. Dalle ontologie classiche alla ri-fenotipizzazione centrata sul concetto di complessità Le malattie croniche rappresentano il principale problema di salute pubblica nei Paesi occidentali, oltre a minare a fondo la sostenibilità dei sistemi sanitari. Queste patologie sono responsabili del 92% di tutte le morti nel nostro Paese, con una maggiore rilevanza delle patologie cardiovascolari (41%) e dei tumori (28%). Il miglioramento delle cure, combinato al crescente invecchiamento della popolazione, pone notevoli pressioni gestionali ed economiche sui Sistemi Sanitari Nazionali. In particolare, la crescente prevalenza di pazienti con più patologie – un terzo della popolazione adulta e oltre due terzi della popolazione anziana – pone molteplici sfide, fra cui la definizione di Linee guida di trattamento per questi pazienti, oltre all’individuazione di parametri di esito che tengano conto della complessità clinica. Un approccio mirato alla complessità consentirà di ottimizzare le proposte terapeutiche, muovendosi così in uno scenario di medicina reattiva e personalizzata in grado di migliorare il rapporto costo-beneficio degli interventi. Metodologia di approccio alla complessità La malattia-ontologia non corrisponde a un fenotipo unico e stabile, ma diverso per ogni individuo, a cui deve essere adattato ogni intervento clinico. I sistemi biologici del nostro corpo costituiscono una realtà unitaria, che supera le singole parti, per cui la comprensione del sistema richiede la valutazione contemporanea delle sue componenti, senza regole gerarchiche. La “medicina della complessità” si esercita con la sintesi, che diviene sinergia, tra l’EBM e la medicina narrativa, cogliendo attraverso tutti i sensi ogni dinamica della vita dell’individuo. La metodologia è quella abituale della buona medicina, accentando il rigore metodologico con cui si svolgono: anamnesi ed esame obiettivo; individuazione del sintomo/sintomi guida (ovvero motivo/ i del ricorso alle cure); impostazione dell’iter diagnostico con approccio inclusivo; impostazione dell’iter terapeutico integrato; impostazione di un programma di follow-up e di proseguimento corretto del percorso clinico. Ciascuna di queste fasi si deve svolgere con approccio inclusivo, senza gerarchie esclusive, ma includendo e valorizzando ogni elemento con approccio olistico e sistematico. Il “Fenoma Complesso” La realtà degli scenari in cui il medico si trova attualmente a operare porta il clinico a confrontarsi con pazienti affetti da più condizioni morbose coesistenti. Ciò richiede di guardare oltre le definizioni tassonomiche tradizionali e di individuare nuove presentazioni fenotipiche relative ai pazienti, siano essi adulti ma anche, e soprattutto, bambini/adolescenti e anziani. I progressi della medicina hanno infatti permesso, da un lato, di curare, ma non di guarire, patologie che un tempo avevano un esito letale precoce (es. cardiopatie congenite, difetti genici) e, dall’altro, hanno prolungato la sopravvivenza di pazienti affetti da malattie croniche (es. cardiovascolari, metaboliche). Tutto ciò ha condotto all’emergenza di quadri clinici/fenotipi complessi; il fenotipo o Fenoma Complesso, lungi dall’essere una semplice sommatoria delle condizioni morbose che lo compongono, rappresenta un’entità fenomenica con caratteristiche peculiari in termini di eziopatogenesi, necessità terapeutiche e prognosi. La gestione del paziente complesso richiede un approccio che vada al di là del semplice coordinamento delle varie prestazioni specialistiche, ma che si configuri come messa a punto di percorsi diagnostico-terapeutici-riabilitativi il più possibile individualizzati, con buon rapporto costo/efficacia, e che prevedano sempre di più l’empowerment del paziente e della sua famiglia e la costituzione di percorsi assistenziali in contin

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Campanini, G. E. M., Fontanella, A., Nozzoli, C., Mazzone, A., & Nardi, R. (2014). La Medicina Interna ospedaliera: tra complessità ed intensità assistenziale verso una medicina sostenibile. Italian Journal of Medicine, 2(1), 1. https://doi.org/10.4081/itjm.q.2014.1

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